AMH E RISERVA OVARICA: UN INDICATORE CHIAVE DELLA FERTILITà FEMMINILE

Un semplice esame del sangue può offrire informazioni preziose sulla fertilità di una donna. L’ormone anti-Mülleriano (AMH) è oggi uno dei parametri più affidabili per valutare la riserva ovarica e orientare le scelte di salute riproduttiva.

L’Ormone Anti-Mülleriano (AMH) è una glicoproteina secreta nella donna dalle cellule della granulosa dei follicoli ovarici. Nel contesto della medicina riproduttiva, l’AMH rappresenta un biomarcatore consolidato per la valutazione della riserva ovarica, fornendo una stima affidabile del numero di follicoli presenti nelle ovaie. La sua concentrazione plasmatica può essere determinata con un semplice prelievo ematico, indipendentemente dalla fase del ciclo mestruale. Questa caratteristica è resa possibile dalla notevole stabilità dell’AMH, che lo distingue da altri ormoni soggetti a fluttuazioni cliniche, conferendogli un valore diagnostico costante e affidabile.

La concentrazione dell’AMH cambia nel corso della vita. Nelle bambine i suoi livelli sierici restano bassi fino alla pubertà, aumentano in età fertile e si riducono gradualmente fino ad azzerarsi con la menopausa. Durante l’età riproduttiva femminile, valori di AMH compresi tra 0,9 e 9,5 ng/ml sono considerati nella norma. Dopo i 45 anni, la concentrazione tende a scendere sotto 1 ng/ml, riflettendo il naturale declino della riserva ovarica. Valori particolarmente bassi in età fertile possono essere segnale di insufficienza ovarica primaria o di un progressivo calo della fertilità. Al contrario, livelli elevati possono essere associati alla sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), condizione caratterizzata da un numero aumentato di follicoli e da una conseguente iperproduzione dell’ormone.

Il dosaggio dell’AMH trova impiego in diversi ambiti clinici: nella valutazione della funzione ovarica e della riserva follicolare, nella previsione della risposta ai protocolli di procreazione medicalmente assistita (PMA), nella diagnosi della PCOS e nel monitoraggio di patologie ovariche. In rari casi, valori molto alti possono essere associati a neoplasie ovariche a cellule della granulosa, per le quali l’AMH è utilizzato anche come marcatore tumorale.

È importante ricordare che l’AMH misura la quantità dei follicoli residui, ma non la qualità degli ovociti. Per questa ragione, per una valutazione completa della fertilità è necessario integrare altri parametri ormonali, come FSH, estradiolo e progesterone, e l’ecografia transvaginale, che consente di stimare il numero dei follicoli antrali (AFC). Un valore basso non equivale a infertilità, ma rappresenta un segnale da non trascurare. Una valutazione specialistica precoce consente di pianificare strategie di preservazione della fertilità e di adottare percorsi personalizzati di procreazione medicalmente assistita, se necessario.

In conclusione, l’AMH rappresenta un parametro di facile determinazione ma di elevata rilevanza clinica. La conoscenza dei propri livelli consente una maggiore consapevolezza della propria salute riproduttiva e costituisce uno strumento fondamentale per la tutela della potenziale fertilità futura.

2025-11-04T13:15:31Z