La casa può diventare un luogo pericoloso per un bambino piccolo, che, mosso dalla sua curiosità di conoscere gira dappertutto e tocca qualsiasi cosa. Anche se si pensa che stia giocando al sicuro, lontano da scale, cristalli e oggetti contundenti, può succedere quello che un genitore non si aspetta. E cioè che aprendo un mobiletto a portata di mano il piccolo trovi i detersivi che si pensava di aver nascosto, sviti il tappo di un flacone e ingoi la sostanza tossica. Dai dati rilevati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) nel 2016 in 5 dei 10 Centri antiveleni e intossicazioni da sostanze chimiche presenti in Italia, quasi la metà dei casi (6.775, pari al 48%) di esposizione accidentale si riferisce a bambini sotto i 6 anni di età.
I luoghi più comuni
«Cucina, bagno, ripostiglio, lavanderia sono i posti in cui teniamo potenziali veleni. Paradossalmente se si ha un figlio in età prescolare sarebbe meglio sistemare detersivi e sgorgatori sugli scaffali più in alto e le provviste alimentari sotto il lavandino» commenta Francesco Scaglione, ordinario di Farmacologia all’Università degli Studi di Milano e direttore del Centro antiveleni dell’ospedale Niguarda di Milano, dove lo scorso anno più di una consulenza su tre ha riguardato bambini tra gli 1 e i 4 anni (8.965 casi) e quasi il 6 per cento (1.596) prima dell’anno di età, provenienti non solo dalla Lombardia ma da tutte le regioni italiane. «L’ingestione di prodotti per la pulizia, come quelli per il lavaggio del bucato e quelli per la lavastoviglie possono provocare erosioni o sulle mucose del cavo orale, dell’esofago e dello stomaco» avverte Francesco Scaglione.
«Se invece non manifesta alcun segno e si ha solo il sospetto che possa aver ingerito una sostanza pericolosa viene tenuto in osservazione per 24-48 ore» specifica Claudio Romano, professore di Pediatria e direttore dell’Unità di Gastroenterologia pediatrica al Policlinico universitario di Messina, nonché presidente della Società italiana di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica (Sigenp).
Le dimensioni del fenomeno
Nel 2022, riferisce il ministero della Salute, i ricoveri in ospedale fino ai 14 anni per intossicazione di caustici sono stati 236 (138 nei maschi e 98 nelle femmine). In costante calo, comunque, rispetto al passato: nel 2021 erano stati 263; nel 2020, 274; nel 2019, 308 e nel 2018, 350. «I casi più gravi, con difficoltà respiratoria e perforazioni, finiscono in Terapia intensiva» sottolinea Romano.
I prodotti nocivi
I prodotti nocivi che i bambini possono ingoiare mentre i genitori sono occupati sono i cosiddetti caustici, fortemente corrosivi: de rsivi per piatti, vetri, lavastoviglie, sbiancanti a base di cloro o di ossigeno, pulitori per metalli e per forni, detergenti per sanitari, anticalcare, antiruggine. «Per caustiche si intendono sostanze chimiche con pH (il grado di acidità, più è basso più la sostanza è acida ndr) superiore a 12, contenute in alcuni detersivi per pavimenti, per lavastoviglie, sgrassatori per fornelli, smacchiatori, candeggina, sgorgatori, e sostanze con pH inferiore a 2, corrispondenti agli acidi forti, per esempio disincrostanti, antiruggine e fertilizzanti» chiarisce Scaglione.
I momenti della giornata più a rischio
Che avverte: «I momenti in cui i genitori sono impegnati a preparare il pranzo e la cena, dalle 11 alle 13 e dalle 19 alle 21, sono quelli in cui aumenta il rischio per il bambino di venire a contatto con queste sostanze perché meno sorvegliato». «Gli episodi di intossicazione — aggiunge Romano — sono spesso correlati anche al grado socioeconomico della famiglia: tanto più è basso e tanto più è probabile che ci sia un minor controllo dello spazio domestico».
I segnali d’allarme
Se il bambino ha ingerito un prodotto casalingo potrebbe manifestare nel giro di pochi minuti uno o più di questi sintomi: «Salivazione eccessiva, vomito con possibile sangue, dolore toracico e addominale, febbre, dispnea, tumefazioni o lesioni nel cavo orale» dice il pediatra. «Basta una goccia sulla punta della lingua per determinare una lesione in bocca — segnala Scaglione —. Se avete anche solo un sospetto che si sia verificato un evento di intossicazione, non perdete tempo e telefonate subito a un Centro antiveleni per avere informazioni su cosa fare».
I Centri antiveleno
L’elenco dei 10 centri italiani con tutti i contatti è disponibile online sui portali dell’ e del ministero della Salute. I centri antiveleni sono un servizio sanitario gratuito, disponibile h24, 365 giorni l’anno, che offre consulenza medica in emergenza, per la diagnosi e cura delle intossicazioni (da veleni e sostanze chimiche), a cittadini, operatori sanitari sul territorio, strutture ospedaliere e farmacisti.
Tra i prodotti reperibili in casa che potrebbero «essere assaggiati» dai piccoli ci sono anche shampoo, saponi, balsami e profumi: «Non sono sostanze caustiche e al massimo determinano nausea e vomito» dice Scaglione.
Che cosa fare
«È bene portare al più presto il bambino al Pronto soccorso con o senza sintomi, se avete la certezza che sia entrato in contatto con una sostanza tossica o ne avete il dubbio e non siete riusciti a consultare né il pediatra di famiglia né il centro antiveleni» raccomanda Romano.
Prima di andare al Pronto soccorso, però, occorre seguire alcuni importanti accorgimenti. «Bisogna velocemente scoprire il nome commerciale del prodotto che si presume sia stato assunto da vostro figlio e portare in ospedale la bottiglia — sottolinea Scaglione —. Vanno desunti indicativamente l’orario di assunzione, quanto liquido c’era prima e quanto ne è rimasto, qual è stata la via di contatto, controllando se ha la bocca sporca e arrossata, se ha l’alito che odora del prodotto e se ha i vestiti sporchi, se si lamenta e piange». L’esperto avvisa, inoltre, di «lavare bene viso, occhi e mani con l’acqua del rubinetto e di cambiare gli indumenti che potrebbero irritare la cute e determinare un’inalazione del prodotto se contaminati».
Che cosa non fare
Al bambino che ingerisce una sostanza tossica non va indotto il vomito, anche se potrebbe sembrare un gesto istintivo. «La sostanza caustica può risalire dallo stomaco all’esofago danneggiando il tubo digerente — spiega ancora Romano —. È vietato anche fargli bere acqua, latte e qualsiasi altra bevanda, così come dargli farmaci o cibo. Va lasciato a digiuno fintanto che non sarà visitato e non avrà fatto gli accertamenti clinici necessari». È fondamentale, dunque, non improvvisare metodi «fai da te» e mantenere il più possibile la calma per non spaventare il piccolo.
La regola fondamentale
Per prevenire i pericoli tra le mura di casa il direttore del centro antiveleni del Niguarda suggerisce innanzitutto di «non travasare nessun prodotto chimico, dalla candeggina agli insetticidi al detersivo liquido per piatti, in bottiglie di acqua minerale, di latte o succhi di frutta, per non dimenticarsi di averlo fatto e confondere chi le afferri. Sul contenitore originale c’è l’etichetta, che riporta gli ingredienti e le indicazioni in caso di contatto con gli occhi e la pelle». È utile, suggerisce Scaglione, tenere nell’armadietto due prodotti che vanno usati solo ed esclusivamente su indicazione del Pronto soccorso o del Centro antiveleni come primo intervento domiciliare: «Il carbone attivo in polvere, che come una carta assorbe e inattiva diverse sostanze tossiche, e il simeticone in gocce che inattiva sostanze che contengono sapone». La famiglia non può autoprescrivere il farmaco al bambino senza essersi prima confrontata con il medico.
Attenzione ai medicinali
I farmaci rappresentano altresì un potenziale rischio di per il bambino e vanno custoditi in luoghi ben chiusi, fuori dalla sua portata. «Se si scordano le pillole sul comodino o in borsetta e vostro figlio le trova, potrebbe scambiarle per caramelle e provare a mangiarle — continua il farmacologo —. È buona regola, allora, non trasferire i farmaci dalle confezioni originali e non manomettere le chiusure di sicurezza, che impediscono al bambino di accedere al contenuto». Infine, può capitare di somministrare al piccolo una dose di farmaco eccessiva o per adulti. In tutti questi casi, si deve chiamare il Centro antiveleni o recarsi in Pronto soccorso.
Consigliabile eseguire controlli a distanza di tempo
Il bambino che ingerisce prodotti caustici può subire all’ apparato digerente danni acuti e talora a lungo termine, con problemi che persistono fino all’età adulta. «Dopo pochi minuti dall’ingestione il caustico più denso aderisce alla mucosa e tende a dare gravi lesioni su lingua, palato e prima parte dell’esofago, mentre il caustico liquido scorre rapidamente e tende a dare più facilmente lesioni su tutto l’esofago e sullo stomaco — spiega Claudio Romano, presidente della Società italiana di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica (Sigenp)—. Le variabili nel determinare gravità ed estensione delle lesioni sono: categoria chimica, pH (acidità, ndr), concentrazione, stato fisico del caustico, quantità ingerita e tempo di contatto con la mucosa. Basta un fondo di bicchiere, circa 1-2 millilitri, per avere effetti lesivi».
«Nel giro di 4-6 ore — prosegue lo specialista — le sostanze con pH superiore a 12 tendono a penetrare la mucosa esofagea o gastrica con il rischio di provocare una perforazione e complicando lo stato di salute del bambino». Gli acidi forti, con pH inferiore a 2, invece, danno una reazione infiammatoria più superficiale, caratterizzata da necrosi dei vasi sanguigni ed erosioni, con un basso rischio di penetrare le pareti».
Intervenire subito
Prima si interviene e prima si prevengono le complicanze. «In caso di sintomi, entro 24 ore bisogna eseguire un’ endoscopia per diagnosticare le lesioni, una radiografia a torace e addome, ed eventualmente una Tac, per escludere una perforazione interna» specifica Romano. Il bambino perforato a livello d’esofago o stomaco viene trasferito in Rianimazione. «Il danno può generare insufficienza respiratoria e un’infezione, con grave compromissione delle funzioni vitali — sottolinea il pediatra —. Nell’80% dei casi questi fori tendono a chiudersi spontaneamente, con digiuno e terapia antibiotica. Raramente, solo in caso di un’emorragia incontrollabile, si ricorre all’intervento chirurgico. A distanza di un mese si possono verificare complicanze tardive nel 5 e fino al 15-20% dei casi».
I rimedi
La stenosi esofagea è uno dei danni permanenti a cui rischia di andare incontro il paziente. «La lesione cicatrizzandosi provoca un restringimento del diametro dell’esofago che impedisce la normale deglutizione e progressione del cibo — spiega Romano —. In questo caso è necessario dilatare ripetutamente il tubo digerente per via endoscopica con stent fino all’età adolescenziale, adattandoli all’organismo in crescita». Altre due conseguenze nel lungo periodo sono l’ esofagite cronica (che causa difficoltà nella deglutizione e bruciore toracico) e la gastrite, da curare con farmaci inibitori della pompa protonica e correzione della dieta.
«In rari casi le ulcere da caustico possono portare a un cancro all’esofago. Per questo è bene sottoporre regolarmente il bambino a screening endoscopici all’esofago — puntualizza Paola De Angelis, responsabile dell’ambulatorio di Patologie eosinofile del tratto gastrointestinale dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma —. Al Bambino Gesù mediamente ogni anno arrivano 200-300 bambini per ingestione di corpi estranei o prodotti caustici e 2 casi su 10 hanno esiti a lungo termine, che determinano una presa in carico fino all’età adulta».
Le pile «killer silenti»
Tra gli incidenti domestici in età pediatrica è molto frequente anche l’ingestione di monete e di pile a bottone. «Queste batterie sono chiamate il “killer silente” perché possono provocare gravi danni ed essere fatali. Se perforano l’esofago, possono creare una fistola dell’aorta o dei bronchi, cioè un passaggio anomalo tra l’esofago e la più grande arteria del corpo o le vie respiratorie provocando un’emorragia anche mortale — avverte Claudio Romano, direttore dell’Unità di Gastroenterologia pediatrica al Policlinico universitario di Messina —. Il danno caustico causato dalla scarica elettrica della batteria a bottone è proporzionale al suo voltaggio. Se la batteria aderisce alla parete dell’esofago dalla parte del polo negativo, il danno è maggiore. Se invece arriva allo stomaco, il contenuto elettrico viene annullato dall’ambiente gastrico, che è acido, e il bambino non subisce lesioni caustiche».
Informazioni sui farmaci in gravidanza
A stabilire quando e quali farmaci si possono prendere in deve essere sempre il medico. Il centro antiveleni dell’ospedale Niguarda di Milano ha istituito nel 2022 un servizio di consulenza telefonica (02-66101029, attivo nei giorni feriali dalle 14.30 alle 19.30) per informazioni sulle medicine in gestazione e allattamento. «In generale i farmaci vanno assunti solo se necessari e, se si allatta, subito dopo la poppata per ridurre la quantità di principio attivo nel latte, perché il picco di concentrazione nel sangue avviene dopo 1-3 ore — ricorda Francesco Scaglione —. Sebbene la maggior parte delle molecole siano in grado di raggiungere l’ embrione e il feto attraverso la placenta, sono pochi i farmaci incompatibili con gestazione e allattamento. «Di solito sono medicine per patologie croniche, alcuni antibiotici e antitumorali. Il medico valuterà se è il caso di sospendere le cure, sostituire il farmaco o cambiare le dosi» sottolinea il farmacologo.
Corsi e vademecum destinati ai medici e ai genitori
Qualsiasi Pronto soccorso può fornire assistenza al bambino che ha ingerito una sostanza caustica. «Si consiglia di rivolgersi al più vicino, anche se non pediatrico — dice Paola De Angelis, responsabile dell’ambulatorio di Patologie eosinofile del tratto gastrointestinale dell’ospedale Bambino Gesù di Roma e coordinatrice del gruppo su Endoscopia e indagini diagnostiche strumentali della Società italiana di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica (Sigenp) —. La nostra società scientifica ha prodotto linee guida per uniformare la gestione dell’ingestione di caustici e corpi estranei nei bambini. Le corrette procedure di diagnosi e cura per l’età pediatrica dovrebbero essere applicate in tutti i Pronto soccorso. Purtroppo non di rado capita di ricevere bambini che hanno ingoiato disk battery (batterie a bottone), o sostanze lesive a distanza di qualche giorno dall’episodio, non trattati adeguatamente».
Claudio Romano, presidente Sigenp, avverte: «Uno dei fattori di rischio per complicanze è l’assenza nella struttura di una Unità di Endoscopia d’urgenza pediatrica o Chirurgia pediatrica. In questi casi il problema potrebbe essere rimandato o richiedere il trasferimento del bambino in un altro ospedale perdendo tempo prezioso». Sigenp ha organizzato corsi per medici e pubblicato un vademecum per i genitori con le istruzioni da seguire. L’appello degli esperti è di «realizzare al più presto un Registro nazionale che comprenda gli accessi in Pronto soccorso e i ricoveri per ingestione di corpi estranei e caustici, in modo da programmare interventi nelle aree del Paese dove si riscontrano maggiori incidenti» spiega Romano.
2023-10-01T06:13:40Z dg43tfdfdgfd