Negli ultimi anni si stanno moltiplicando anche da noi – la letteratura scientifica sul tema è abbastanza consistente e fino a non molto tempo fa è stata in larga parte di matrice anglosassone - gli studi che indagano la violenza di genere tra gli adolescenti. Un fenomeno complesso e multidimensionale che va sotto il nome di "teen dating violence" (TDV), una sigla per indicare fenomeni di violenza e/o molestia nelle relazioni sentimentali tra adolescenti. La TDV comprende qualsiasi forma di abuso, sia fisico sia emotivo o sessuale, che si verifica in una relazione romantica durante l'adolescenza. Tra i tanti studi che ho avuto modo di approfondire segnalo quelli secondo il mio parere maggiormente indicativi e fonte di riflessione. Per brevità ne indico solo il titolo e il link, a cui rimando per chi volesse leggerseli.
Studi recenti come quello condotto a Napoli ("The Use of Partial Least Squares–Path Modelling to Understand the Impact of Ambivalent Sexism on Violence-Justification among Adolescents") hanno esplorato la TDV applicando a una ricerca condotta su adolescenti il concetto di sessismo ambivalente, concetto già indagato per il tema più generale della violenza di genere tra gli adulti.
Il concetto di sessismo ambivalente gioca un ruolo fondamentale nella comprensione della violenza di genere tra gli adolescenti, rappresentando una forma di pregiudizio meno evidente ma altrettanto dannoso. Che cos’è lo diciamo parlando delle due forme principali – ecco perché si chiama ambivalente - con cui si manifesta e viene indagato: il sessismo ostile e il sessismo benevolo.
Il sessismo ostile è caratterizzato da atteggiamenti negativi e apertamente aggressivi nei confronti delle donne. Include le credenze che le donne siano inferiori agli uomini, che abbiano intenzioni manipolatrici o che siano in qualche modo meno capaci. Questo tipo di sessismo è più diretto e facilmente riconoscibile come discriminatorio. Il sessismo benevolo è più subdolo e mascherato da atteggiamenti positivi, il sessismo benevolo si basa su idee stereotipate di protezione, idealizzazione e romantizzazione delle donne. Questa forma di sessismo può sembrare lusinghiera in superficie, ma in realtà è persino più grave di quello ostile, in quanto di fatto perpetua la dipendenza e l'inferiorità delle donne, posizionandole in ruoli tradizionali e limitativi, e agisce potentemente sulle ragazze stesse.
Entrambi si rivelano particolarmente influenti nel giustificare la violenza di genere e nel degenerare in essa, mostrando come atteggiamenti sessisti possano condurre a giustificazioni e tolleranze verso comportamenti violenti. Gli studi hanno mostrato come entrambe le forme di sessismo ambivalente hanno un impatto significativo sul comportamento e le percezioni degli adolescenti. In particolare: gli adolescenti maschi possono essere maggiormente influenzati dal sessismo ostile. Questo può portare a giustificare comportamenti di controllo o aggressivi nei confronti delle ragazze, vedendo le relazioni attraverso una lente di potere e dominio. Il sessismo ostile può anche condurre alla normalizzazione della violenza e a un'errata interpretazione del consenso nelle relazioni romantiche. Dall’altro lato, per le ragazze, il sessismo benevolo può essere più insidioso. Esso può influenzare la loro autopercezione e il modo in cui accettano il trattamento da parte dei partner maschili. Le ragazze possono arrivare a giustificare comportamenti controllanti o limitativi come segni di "cura" o "attenzione", accettando e normalizzando così dinamiche relazionali sbilanciate.
Capite bene come la conoscenza del fenomeno e la comprensione del ruolo del sessismo ambivalente è cruciale per qualunque tipo di intervento che voglia affrontare la violenza di genere tra gli adolescenti. Riconoscere e contrastare sia il sessismo ostile che quello benevolo nelle giovani generazioni è essenziale per promuovere relazioni sane ed equilibrate e per prevenire comportamenti violenti e abusivi. Lo studio indica chiaramente come si possa fare e si fa e come tutto ciò implica un lavoro e impegno specifico nell'educazione dei giovani sull'uguaglianza di genere, sul rispetto reciproco e sulla costruzione di relazioni basate su principi di consenso e parità.
Un altro studio, il progetto Lights4Violence, ha approfondito il legame tra il sessismo e la violenza tra i giovani in diversi paesi europei, inclusa l'Italia ("Sexism and its associated factors among adolescents in Europe: Lights4Violence baseline results"). Per farla breve anche questa ricerca sottolinea la necessità, come anche l’efficacia, di interventi educativi mirati a contrastare il sessismo tra gli adolescenti, evidenziando, come tantissimi altri studi, come i programmi scolastici e specifiche metodologie educative possano svolgere un ruolo chiave nella prevenzione della violenza di genere e indicano nel contrasto al sessismo e agli stereotipi di genere la direzione essenziale.
Accanto alla letteratura scientifica abbiamo diverse indagini condotte sull’argomento in Italia che ci forniscono spunti per riflessioni importanti. Ne citiamo per brevità due. Una è la ricerca condotta da Save the Children e Ipsos in Italia e ha rivelato dati allarmanti: il 70% delle ragazze intervistate ha dichiarato di aver subito molestie nei luoghi pubblici e il 64% di loro di sentirsi a disagio per commenti o avance indesiderate da parte di adulti di riferimento; il 39% dei ragazzi e delle ragazze in Italia sono esposti online a contenuti che giustificano la violenza contro le donne, con una forbice che si allarga dal 31% dei maschi al 48% delle femmine; c’è ancora una convinzione diffusa (2/3 degli intervistati) che il maschio nella coppia abbia il compito di proteggere la ragazza (78% fra i maschi a fronte del 55% delle ragazze) ("Adolescenti e stereotipi di genere, ricerca Ipsos per Save the Children"). Questi dati riflettono una realtà in cui la violenza di genere è un'esperienza quotidiana per molte giovani adolescenti, una realtà che spesso rimane invisibile o inascoltata: non vi sono strutture o azioni strutturali tali da rappresentare luoghi di ascolto o denuncia a parte quelle, che possiamo definire di esito e non di prevenzione, di tipo psico-sanitario o delle forze dell’ordine.
L'altra indagine è quella condotta dalla Fondazione Libellula nel 2023 (Survey Teen Community sulla consapevolezza e l’esperienza della violenza di genere tra ragazzi e ragazze dai 14 ai 19 anni) e si è focalizzata sulle esperienze e le percezioni degli adolescenti italiani in merito alla violenza di genere. Questo studio ha coinvolto 361 giovani, tra i 14 e i 19 anni, provenienti da diverse parti d'Italia, offrendo un'ampia panoramica sulle loro esperienze quotidiane relative alla violenza di genere.
I risultati dell'indagine hanno rivelato una realtà allarmante: molti adolescenti sono regolarmente esposti a varie forme di violenza di genere, sia fisica che virtuale. Tuttavia, uno degli aspetti più preoccupanti emersi è la difficoltà che questi giovani incontrano nel riconoscere la violenza di genere come tale. Questo implica che, nonostante l'esposizione diretta o indiretta a tali comportamenti, molti adolescenti non riescono a identificarli come atti di violenza legati al genere.
Questa difficoltà di riconoscimento potrebbe essere attribuita a diversi fattori. In primo luogo, vi è una mancanza di educazione e sensibilizzazione sul tema. Molti giovani potrebbero non avere una chiara comprensione di cosa costituisca la violenza di genere, soprattutto in un'età in cui le relazioni interpersonali iniziano a diventare più complesse. Inoltre, gli stereotipi di genere radicati e le norme sociali possono offuscare la percezione di ciò che è accettabile e ciò che non lo è in una relazione, conducendo a una normalizzazione di comportamenti che, in realtà, sono abusivi o discriminatori.
La scoperta, che scoperta non è, che molti adolescenti faticano a riconoscere la violenza di genere pone un'enfasi significativa sulla necessità di interventi mirati di sensibilizzazione e formazione. È essenziale che le scuole, le famiglie e le comunità lavorino insieme per fornire ai giovani le competenze e le conoscenze necessarie per identificare e contrastare la violenza di genere. Questo implica non solo l'educazione sui diversi tipi di violenza e sui loro segnali di allarme, ma anche la promozione di un dialogo aperto e onesto sul rispetto reciproco, sul consenso e sulle relazioni sane. Qualora le scuole, le famiglie e le comunità fossero preparate a farlo, e qui entra in campo la necessità di formare e informare gli adulti di riferimento, soprattutto gli educatori, sui temi di cui stiamo trattando.
Tutti, da dove la prendi prendi, si concentrano sulla necessitò di introdurre interventi educativi mirati e precisi capisci di contrastare il fenomeno e di lavorare nel breve, nel medio e nel lungo periodo efficacemente. E dunque entra in campo la necessità di avere interventi strutturati e normati.
La normativa in realtà c’è, esiste, a partire dalle indicazioni della legge sul femminicidio del 2013, che segue le indicazioni della Convenzione di Istanbul, espressamente chiara sul versante della prevenzione attraverso l’educazione, al comma 16 della legge 107 del 2015 che inserisce per la prima volta l’obbligo – l’obbligo, non la possibilità o la discrezionalità, l’obbligo - per le scuole di agire in tal senso prevedendo e programmando questi interventi educativi, fino ad arrivare alla Risoluzione n. 2480, adottata dal Consiglio d'Europa nel gennaio 2023, cioè quest’anno, dove si sottolinea il ruolo cruciale che uomini e ragazzi devono svolgere nel prevenire e combattere la violenza di genere. Invitando gli Stati a promuovere un ruolo attivo e responsabile del genere maschile. La risoluzione mira a smantellare le radici culturali della violenza di genere, promuovendo una nuova visione di mascolinità basata sul rispetto e l'uguaglianza ("Il ruolo e la responsabilità di uomini e ragazzi nel porre fine alla violenza di genere nei confronti di donne e ragazze").
In conclusione, questi studi e iniziative forniscono un quadro approfondito e multiforme della violenza di genere tra gli adolescenti, evidenziando tutti la necessità di interventi educativi e preventivi non generici ma mirati.
C’è chi dice che per contrastare sessismo e stereotipi attraverso la scuola serva una materia specifica, chi azioni trasversali, chi altro. Io credo, e gli studi confermano, che qualunque cosa si introduca, bisogna che vada fatta bene e con criterio, la differenza la faranno personale scolastico formato e informato su questi concetti e tessuto familiare e sociale, compresi i media, anche loro formati e informati. Attraverso un impegno collettivo, è possibile costruire una società in cui la violenza di genere diventi un ricordo del passato, e in cui i giovani, indipendentemente dal loro genere.
Fin qui le brevi note che volevo divulgare, non esaustive, ma che possono suggerire come approfondire il tema della violenza di genere tra gli adolescenti dal punto di vista degli studi scientifici e delle indagini.
Mi permetto di aggiungere alcune considerazioni, non è stato facile per me scrivere, tra le lacrime. Da anni molte e molti di noi si battono affinché vi sia un’attenzione più profonda e strutturale su questi aspetti, che raccolga le indicazioni normative europee, che segua e approfondisca studi e metodologie che con efficacia ed efficienza portano avanti le azioni educative di prevenzione e che si vada oltre la stupida e insostenibile vulgata polarizzata di tipo politico “no gender o si gender” che ormai è una caricatura a uso di una popolazione per lo più disinformata, compresi gli operatori del settore.
Lo dobbiamo a Giulia Cecchettin, che ieri si sarebbe laureata e invece giaceva nel fondo di un lago morta ammazzata, lo dobbiamo a tutte le donne oggetto di violenza, lo dobbiamo affinché non accada più, e non è un’utopia, ma lo dobbiamo anche ai Filippo Turretta, che la legge condannerà e che sconterà la sua pena, ma che ve ne siano sempre meno. Le cose possono, potevano e potrebbero andare diversamente se contesto e collettività e Stato decidiamo di costruire una società differente.
Posso anche credere che Turretta sia un tipo tranquillo e non violento, come sostengono i suoi genitori, ma non c’entra nulla con quel che è accaduto, perché la violenza di genere investe meccanismi profondi e differenti, meccanismi di mascolinità dannosa introiettata. Filippo le voleva bene? In modo malato sì. La dico meglio: in modo stereotipato, un modo accettato come normale da un contesto troppo largo di società. Quando normale non è, perché trattasi di mascolinità dannosa. E, a leggere i dati, ahimè condiviso da troppi adolescenti e adulti. Trattasi di quella coltura-cultura che è la base della cosiddetta piramide della violenza ed è esattamente quella che dobbiamo smontare e polverizzare.
Mascolinità dannosa, tutti devono avere scienza e coscienza di cosa sia, e femminilità succube, e anche su questo tutti dobbiamo avere scienza e coscienza, perché è il momento in cui la si nega quello in cui accade il peggio, non fanno bene alle donne, ma nemmeno agli uomini.
2023-11-18T18:35:53Z dg43tfdfdgfd