TUMORE DELLA CERVICE: LA SOPRAVVIVENZA DELLE PAZIENTI SI ALLUNGA CON UN NUOVO FARMACO

L’aggiunta dell’immunoterapia alla chemioterapia standard allunga di un anno la sopravvivenza elle donne con un tumore della cervice uterina persistente, ricorrente o metastatico e ne prolunga, inoltre, il tempo libero da progressione di malattia. Lo indicano i dati finali dello studio KEYNOTE-826 che saranno presentati al prossimo convegno annuale dell’American Society of Clinical Oncology (Asco), in programma a partire dal 2 giugno a Chicago.

Lo studio

«I nuovi risultati illustrano il follow up a oltre tre anni dalla cura delle oltre 600 pazienti arruolate nella sperimentazione e mostrano chiaramente i vantaggi che si ottengono somministrando anche il farmaco immunoterapico pembrolizumab oltre alla chemioterapia tradizionale, con o senza bevacizumab – commenta Nicoletta Colombo, direttore del Programma di Ginecologia Oncologica all’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) di Milano e autrice principale dello studio -. Si tratta di miglioramenti importanti che sostengono questa strategia come nuova terapia di prima linea in un gruppo di pazienti con tumore della cervice “difficile” da trattare: è la prima volta che riusciamo a prolungare la loro prospettiva di vita».   

La prima volta dell’immunoterapia 

Per il trial di fase tre (l’ultima prima dell’approvazione ufficiale di un nuovo medicinale) KEYNOTE-826 donne con un carcinoma della cervice che si ripresenta nonostante le cure, che resiste alle terapie o che è già giunto allo stadio metastatico, diffondendosi in altri organi. Le partecipanti hanno ricevuto, come prima linea di trattamento, l'immunoterapia con pembrolizumab oppure un placebo, insieme alla chemioterapia tradizionale e, in alcuni casi, l'aggiunta di bevacizumab. «Le pazienti con questo tipo di neoplasia hanno generalmente una sopravvivenza di circa un anno, ma con la nuova strategia si raddoppia il tempo a loro disposizione — spiega Colombo, professore associato Università Milano-Bicocca —. Ricerche precedenti avevano indicato che unendo il farmaco anti-angiogenetico (che ferma o rallenta la crescita dei vasi sanguigni usati dal tumore per proliferare) bevacizumab alla chemioterapia standard (a base di paclitaxel con cisplatino o carboplatino) si riusciva a prolungare la sopravvivenza delle pazienti di quasi quattro mesi. KEYNOTE-826 è il primo trial che ha indagato l'utilità di associare il farmaco immunoterapico pembrolizumab».   

Gli esiti dello studio

Al congresso americano verranno resi noti i risultati ottenuti dopo circa 39 mesi. «Il progresso è notevole – commenta Domenica Lorusso, professore associato di Ginecologia Oncologica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma -: la sopravvivenza delle pazienti trattate con pembrolizumab è in media di 26,4 mesi, mentre nel gruppo che non lo ha ricevuto è di 16,8 mesi. L’immunoterarpia riduce anche il rischio di morte del 37% mentre si guadagnano alcuni mesi in termini di tempo alla progressione della malattia». Questa nuova combinazione è già stata approvata dall’ente regolatorio statunitense (la Food and Drug Administration, Fda) e da quello europea (European Medicines Agency, Ema) e non ancora dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), ma nel nostro Paese le pazienti lo ottengono tramite i programmi di «uso compassionevole» ovvero tramite la fornitura a titolo gratuito da parte dell’azienda farmaceutica che lo produce. 

Un tumore che potrebbe scomparire

 Nel nostro Paese il carcinoma al collo dell’utero (o cervice) rappresenta ancora oggi il quinto tumore più frequente nelle donne giovani, sotto i 50 anni di età, con circa 2.400 nuove diagnosi registrate ogni anno. Ma è un tipo di cancro che potrebbe scomparire grazie al vaccino contro il Papillomavirus o Hpv, che è responsabile di circa il 99,7% dei casi. «L’infezione da Hpv, a trasmissione sessuale, è la condizione necessaria perché a livello del collo uterino inizi un processo di cancerogenesi, ma esiste un vaccino che in Italia viene offerto gratis a maschi e femmine 12enni (in alcune regioni fino ai 26 anni) e che può essere utile anche agli adulti – ricorda Lorusso -. Inoltre le lesioni pre-cancerose impiegano molti anni a trasformarsi in tumore e, grazie alla diagnosi precoce con Pap test e HPV-Dna test, si possono individuare e rimuovere per tempo, con diverse strategie oggi disponibili. S e scoperto ai primi stadi questo tipo di cancro può essere curato con successo, consentendo la guarigione completa delle pazienti». Oltre al vaccino e ai controlli di screening, che salvano la vita, serve fare attenzione a sintomi come perdite o sanguinamenti anomali non legati al ciclo mestruale, dolori alle pelvi o alla schiena, perdite repentine di peso. In questi casi, meglio parlare sempre con un ginecologo senza temporeggiare troppo».

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