NON BUTTI VIA NULLA? PUò ESSERE DISPOSOFOBIA, IL DISTURBO DA ACCUMULO: «C'è UN ELENCO DI SINTOMI, UNO è PENSARE CHE UN OGGETTO SERVIRà IN FUTURO»

Avete ancora la scatola dello smartphone di qualche anno fa in fondo allo scaffale, con un paio di oggettini sopra. Volevate buttarla, ma poi avete pensato che magari potesse servire... e poi ci son tutti quei foglietti dentro, potrebbero fare la differenza. O no? Poi c'è quel cavo che non si sa bene per cosa sia, ma non si sa mai. E dei bottoni, o dei lacci delle scarpe, o la maglietta rovinata che nemmeno ci sta più. Se avete pensieri o comportamenti simili non è detto che siate accumulatori seriali. Ma forse sì. Sono diversi i sintomi che definiscono la patologia della "disposofobia". 

Il disturbo psicologico, «diventato noto con reality televisivi» negli Usa Hoarding: Buried Alive - in Italia 'Sepolti in casa' - «e casi di cronaca, causa rischi concreti e importanti da riconoscere per aiutare chi ne soffre». Lo spiegano gli esperti del sito "Dottore ma è vero che...?", lanciato dalla Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei medici, chirurghi e odontoiatri) per contrastare le fake news.

Accumulare cose è una malattia?

«Sì, in alcuni casi accumulare troppe cose può essere una condizione patologica - rispondono - Si tratta del disturbo da accumulo (o disposofobia, dall’inglese 'hoarding' cioè 'accumulazione'), e si manifesta con la persistente difficoltà a eliminare i propri beni. La persona che ne soffre continua a conservare nella propria abitazione numerosi oggetti, anche inutili o danneggiati, perché separarsene provoca un profondo disagio».

Differenze col collezionsmo

«È importante non confondere il disturbo da accumulo con il collezionismo, che è invece una raccolta curata e intenzionale di oggetti specifici, né con il naturale attaccamento emotivo a beni che sono appartenuti a una persona cara che non c’è più. E, naturalmente, è ben diverso dal disordine delle camerette dei ragazzi - precisano - L’accumulo compulsivo, o seriale, è oggi riconosciuto ufficialmente come patologia a sé stante nel Dsm-5 (il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali). Pur appartenendo allo spettro dei disturbi ossessivo-compulsivi, viene classificato separatamente proprio per le sue caratteristiche specifiche».

Come si riconosce?

«L’Associazione degli psichiatri americani ha stilato un elenco di sintomi e manifestazioni che identificano gli accumulatori compulsivi: difficoltà insuperabile a buttare via, vendere, riciclare, regalare; accumulo di oggetti (e rifiuti, talvolta anche organici) in equilibrio precario, disordinato, in ogni spazio della casa, compresi letti, scale, lavandini e bagno; molto tempo impiegato a spostare gli oggetti o cercare ciò che è effettivamente utile; conflitti con persone che offrono aiuto per eliminare il disordine; la convinzione che qualsiasi cosa possa essere utile in futuro o che abbia un valore economico; in casi più rari, accumulo di animali domestici.

L'identikit dell'accumulatore seriale

«Secondo diversi psicologi - riportano gli esperti - è possibile tracciare un identikit dell’accumulatore seriale. Si tratta di una persona che spesso vive da sola, che non ha una vita sociale attiva; inoltre, ha difficoltà a prendere decisioni e a gestire le emozioni, la sofferenza in particolare».

Perché è pericoloso?

«Le conseguenze più evidenti sono un peggioramento della qualità della vita per chi accumula e per gli eventuali conviventi. Soffrire di disposofobia è, inoltre, associato a problemi sul lavoro. Emergono inoltre rischi per la salute e per la sicurezza. L’accumulatore, soprattutto se anziano, è soggetto a cadute e lesioni, alla contaminazione alimentare e a infestazioni (anche di insetti o di animali, come topi), oltre a disattenzioni che causano incendi e danni all’abitazione. Gli ingombri in cucina e in bagno possono anche impedire la corretta alimentazione e l’igiene personale», avverto gli specialisti.

Esistono terapie per questo disturbo?

«Ciò che gli accumulatori seriali conservano non è tanto l’oggetto in sé, quanto il suo significato: ricordi, emozioni, un senso di sicurezza, e l’illusione di controllo legata ai beni materiali. Si seguono, dunque, generalmente i trattamenti psicologici riservati a chi soffre di depressione o di disturbo ossessivo compulsivo. La terapia più diffusa - concludono - consiste in farmaci antidepressivi e, quando il paziente è collaborativo, la psicoterapia cognitivo-comportamentale è efficace. Naturalmente occorre anche un aiuto pratico, per rendere abitabile e sicura l’abitazione, stimolando il paziente a liberarsi consapevolmente degli oggetti accumulati».

2025-10-31T12:11:24Z