L'AIUTO DELL'ALIMENTAZIONE NELLA GESTIONE DELLA FIBROMIALGIA

Allo stato attuale non esiste né una causa né, purtroppo, una cura. Eppure, con la fibromialgia – patologia cronica “invisibile” e invalidante, che provoca dolore diffuso nel corpo e che interessa in Italia circa due milioni di persone, in maggioranza donne (con un’incidenza sette volte superiore rispetto agli uomini) – è possibile convivere, più o meno serenamente. Oltre alle terapie farmacologiche in grado di tenere a bada i sintomi (tra cui affaticamento, rigidità muscoloscheletrica, problemi di insonnia e/o di memoria) è possibile, infatti, seguire una dieta che aiuti a ridurre l’infiammazione corporea e, di conseguenza, il dolore.

La fibromialgia, a cui è dedicata la Giornata internazionale del 12 maggio, può insorgere a ogni età, ma i picchi più alti si riscontrano durante la menopausa, quando (ri)cambia l’assetto ormonale femminile. "Di pazienti fibromialgiche ne seguo diverse, segno che oggi c’è una maggiore consapevolezza anche del ruolo dell’alimentazione nelle nostre vite, soprattutto in caso di malattia. Un tempo si prendeva una pillola e via, oggi si fa più attenzione anche a ciò che si mangia, e per fortuna", dice la biologa nutrizionista Francesca Morganti, a cui abbiamo chiesto quali benefici può avere un aggiustamento della dieta.

Nel caso della fibromialgia, il cibo che ruolo ha?

Trattandosi di una malattia cronica non si può guarire, né con i farmaci, né con l’alimentazione, ma quello che in entrambi i casi si può fare è alleviare il dolore per far stare meglio le persone. Attraverso il consumo di alimenti o eventuali integratori antiossidanti e antinfiammatori è possibile spegnere o ridurre l’infiammazione del corpo, favorendo un miglioramento del benessere in generale.

Il primo alimento da mettere al bando?

Sicuramente lo zucchero, che oltre a infiammare l’organismo può influenzare negativamente anche l’umore.

Non si diceva il contrario?

Ahimé, quando si mangia una fetta di torta l’euforia dura cinque minuti: poi c’è il calo della glicemia che porta stanchezza, spossatezza e un peggioramento generale dell’umore.

Vietatissimi, deduciamo, anche gli alcolici.

Oltre una certa soglia sì: cocktail e superalcolici andrebbero evitati, mentre una birra o un bicchiere di vino al sabato sera ci possono stare, tutti i giorni no. E poi attenzione anche agli alimenti conservati che contengono grandi quantitativi di sale e additivi, anche quelli molto infiammatori.

Un comfort food che si può “salvare”?

Il cioccolato fondente, ma solo dal 70 per cento in su.

Sembrerebbe quasi una dieta chetogenica, no?

In realtà no, perché per la fibromialgia sembrano funzionare meglio le diete con un basso apporto di grassi. In una dieta antinfiammatoria bisogna inoltre consumare tanta frutta e verdura, oltre che pesce azzurro e altri cibi ricchi di omega 3.

Anche la vitamina D può essere un’alleata?

Diversi studi dimostrano che nella fibromialgia giochi un ruolo importante, ma non bisogna abusarne. È necessario fare esami del sangue e, in caso di carenza, integrarla. Normalizzati i livelli di vitamina D, i sintomi della fibromialgia si riducono.

Iniziata la dieta i primi risultati quando arrivano?

Purtroppo ci vogliono tempo e costanza. Chi riesce ad andare avanti almeno un paio di mesi, però, osserva una riduzione sia degli episodi di dolore sia della loro intensità e, di conseguenza, riesce a ridurre anche l’assunzione di farmaci. Non è poco.

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